Rolando Bellini
Da Poggiali Berlinghieri - Monumenti uno
Comune di Sesto Fiorentino,  Edizioni ArteStudio53, Firenze 2000.

 

 

Pegaso alato di Giampiero Poggiali Berlinghieri

Hans Sedimayr (arte e verità, 1984 [ma I ed. 1978] ) sostiene vi sia una "libertà dal tempo" nell'opera d'arte che, a sua volta, libera dai vincoli contingenti ma anche storici e mescola tutto (il prima , il dopo, ecc.). Per di più, insiste lo studioso: "la felicità che l'opera d'arte distribuisce si fonda su questa struttura del tempo recuperato". E questo, a mio avviso, chiama in causa l'ousia a-idios di Aristotele, che è "ciò che non appartiene al singolo", e in più svela un fascino dell'opera d'arte e di questa soltanto: Il tempo 'recuperato'. Ecco dunque che l'esplorazione, l'incontro con il monumento che verrò a breve ad illustrare, si drappeggia entro le vesti auliche della Grecia antica, e ti ritrovi a tu per tu con i grandi filosofi, i fondatori, in fondo, del razionalismo.
Ho riflettuto a lungo su quest'affermazione d'un tempo recuperato, senza venirne a capo, malgrado sapessi quanto fosse intrinseco all'opera d'arte, al di là delle stesse asserzioni ragghiantane quali si esplicitano in un suo famoso saggio fin troppo frainteso o mal letto (Tempo sul tempo in Arti della visione III, 1979). Finalmente, mi sono deciso ad accettare senza riserve un tale postulato a condizione che, nell'azzardare il confronto, nello sviluppare e verificare fino in fondo, punto per punto, la ricognizione sul corpo vivo dell'opera d'arte, avessi avuto qualche conferma, diciamo meglio: la conferma che andavo cercando. Essa è venuta, come dirò, in due tempi, proprio nei riguardi del "fare" di Giampiero Poggiali Berlinghieri e in particolare nei riguardi dell'incontro diretto con questo suo ultimo ente che mi ha imposto pure un ripercorrimento inerente la realizzazione di questo progetto e il suo stesso divenire da ipotesi monumento. Due momenti: il primo ancora in fabbrica, quand'era, il futuro Pegaso, ancora opera aperta perché non finita; il secondo invece sul luogo di sua collocazione (Stavo per scrivere con scherzoso richiamo al poeta: sepoltura; dove il ricorso alla poesia ha il suo senso poiché in qualche modo l'ultima dimora del monumento ne accentua proprio l'afflato poetico, il suo rivolgersi alle generazioni future e nel contempo, nel disfarsi d'ogni contingenza, nel suo mostrare, con nuda semplicità, l'affermarsi appunto d'un ritorno del tempo perduto, del proustiano temps perdu). E' stato sistemato, questo Pegaso monumentale, per volontà del Municipio di Sesto Fiorentino, su un'aiola che costituisce l'epicentro d'un trivio sito in quel di Quinto (il quinto miglio romano scendendo lungo la valle dell'Arno dall'antico insediamento cesareo, un castro militare dunque, che fonda, sul guado del fiume, il primitivo nucleo di Firenze) che porta, da un lato, a Firenze, seguendo il rettifilo di via Gramsci (l'antica strada Sestese che legava Firenze alla centuriazione romana connotante la piana dell'Arno in direzione Prato: Quarto, Quinto, Sesto, Settimello…), dall'altro verso valle , sfociante in Quinto basso: il terreno alluvionale che in età romana e poi medicea è stato bonificato e nasconde case antiche, ville quattro-cinque e seicentesche, infine i primi nuclei murati dell'antico villaggio di Sesto Fiorentino, la patria del padre di Bernini, mentre risalendo verso il monte ecco l'area di Camporella, sotto Calenzano, terreno più antico, etrusco, che cela infatti nelle viscere, sotto le fondamenta dell'invasiva edilizia moderna, una necropoli etrusca e più in alto è coronata dall'elegante ampia struttura della prima storica sede, di Quinto alto, della Richard-Ginori. Un trivio, e subito sovviene il richiamo del dio Pan, il ricordo del dio Dionisio, di Ermete… come dire da Michelet a Clair, da Fidia a Picasso. Ebbene, che cosa ho ricavato dal fatto? Che cosa dall'opportunità offertami di aver potuto cogliere, in compagnia dell'autore, le fasi evolutive salienti dell'opera, il divenire d'essa nel suo farsi? Se ho potuto seguire ed esplorare, vedere e discutere un monumento in due tappe essenziali: a lavori quasi ultimati ma delicatamente sospesi su punti nodali, nell'un caso, all'atto definitivo della sua collocazione, idest ad opera conclusa, nell'altro caso, ho potuto anche intendere meglio, credo, la sfida di Poggiali Berlinghieri, o meglio: un obiettivo, uno dei molti, che motivavano l'impresa.

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